I sacerdoti svolgono compiti pastorali, ma sono sempre più spesso anche il primo riferimento per chi ha bisogno di aiuto e assistenza
I sacerdoti che nel 2022 hanno prestato il proprio servizio nelle diocesi italiane sono stati quasi 30mila, ai quali si aggiungono 275 sacerdoti diocesani "Fidei Donum", cioé che operano come missionari nei Paesi poveri del mondo, e poco meno di 2.600 sacerdoti anziani o malati che si trovano in regime di previdenza integrativa. Quotidianamente, i sacerdoti svolgono i propri compiti pastorali (in primis, la diffusione dell’annuncio del Vangelo e la celebrazione dei sacramenti), ma sono anche in maniera sempre più significativa e fondamentale al fianco di chi ha bisogno – indipendentemente dal “credo” – portando carità, conforto e speranza. Educano i ragazzi, offrono assistenza spirituale e concreta alle famiglie in difficoltà, agli ammalati, agli anziani soli, ai poveri e agli emarginati.
Al loro sostentamento – che va da una remunerazione minima di poco più di 900 euro netti al mese, per un sacerdote appena ordinato, fino a circa 1.800 euro netti per un Vescovo ai limiti della pensione – provvede l’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero (ICSC) attraverso le risorse messe a disposizione dagli Istituti Diocesani per il Sostentamento del Clero (per il 7,4%) e in parte (90,7% pari a 410 milioni di euro) attraverso i fondi dell’8xmille.
A queste risorse si aggiunge una quota minoritaria ma significativa (circa 8,4 milioni, pari al 1,9%) di erogazioni liberali deducibili. La destinazione determinante dell’8xmille al sostentamento dei sacerdoti e la gestione complessiva del sovvenire da parte dell’ICSC consente di attuare il principio guida della perequazione, cioè il meccanismo che garantisce uguaglianza di trattamento: ogni sacerdote riceve la stessa remunerazione a parità di servizio, senza distinzioni che avvantaggino – per esempio – chi opera in parrocchie “ricche” e popolose rispetto a chi opera in piccole parrocchie in aree a bassa densità di popolazione, o in contesti sociali di frontiera.
A Borzano, 2.200 abitanti tra le colline del comune di Albinea (RE), nella diocesi di Reggio Emilia, don Gigi Lodesani guida l’Unità Pastorale “Sacra Famiglia”, formata da quattro piccole parrocchie. Qui, accanto alla chiesa della Natività della Beata Vergine Maria, sorge la scuola parrocchiale dell’infanzia San Giovanni Bosco, di cui don Gigi è presidente, e che da una settantina d’anni è al servizio della comunità.
Collocata vicino al bosco, la scuola ha sfruttato questa posizione geografica per promuovere un metodo formativo che coniuga educazione ecologica e spirituale. «Grazie al lavoro prezioso della pedagogista Ornella e alle maestre, quando cinque anni fa è uscita la Laudato si’ si è iniziato ad utilizzare anche il bosco come luogo educativo», spiega il sacerdote. Grazie anche all’intervento di alcuni nonni è stato creato un percorso per facilitare l’arrivo dei bambini al “campo base” nel bosco. «Questa scuola dell’infanzia è un luogo che tutto il paese sente suo», spiega don Gigi. «Ormai diverse generazioni sono passate in quelle aule, e genitori e nonni sono ancora molto coinvolti nelle attività organizzative e gestionali. In un comune non tanto grande come il nostro, diventa fondamentale l’appoggio e il sostegno di tutta la comunità, e faremmo fatica a continuare quest’opera se non potessimo contare sul supporto costante delle famiglie e dell’intero paese».
Classe 1976, Don Gigi, nato a Sassuolo, ha maturato la vocazione in parrocchia quando era ragazzo. Membro della comunità sacerdotale Familiaris Consortio, è stato ordinato nel 2009, per 5 anni ha fatto il responsabile della casa di formazione dei seminaristi della Familiaris, e dal 2014 è il punto di riferimento di questa comunità.
Anche in piena pandemia, il suo volto sorridente e il forte impegno, in particolare per i giovani, ha permesso di superare le difficoltà attraverso proposte forti di fede e comunitarie. Anche la scuola dell’infanzia parrocchiale di Borzano è stata luogo di vitalità e conforto per le famiglie del paese. «Nel periodo del lockdown sono state molto brave le maestre», dice don Gigi, «che hanno avviato subito programmi di didattica a distanza, pensati appositamente per i piccoli alunni, che non hanno mai perso il contatto con la scuola e sono stati coinvolti anche da casa. La forte alleanza e condivisione tra genitori e insegnanti ha fatto il resto».